22 Luglio 2016

Altro che invasione, i Paesi ricchi ospitano solo il 9% dei rifugiati

Pubblichiamo, con il consenso  dell’autrice Elisa Bacciotti, direttrice dipartimento Campagne di Oxfam Italia, l’articolo apparso originariamente su Huffington post Italia.
MIGRANTI

Ricche lo sono certamente. Ma, qualche volta, non nella solidarietà: sono le grandi potenze economiche mondiali. In quante occasioni, in rissosi talk show televisivi, sentiamo qualche ospite gridare alla cosiddetta “invasione” di migranti e richiedenti asilo in arrivo. Ebbene, di fronte a questo tentativo di aumentare la paura nell’opinione pubblica, spesso non basta appellarsi a quei principi di ospitalità e inclusione che sono – e dovrebbero continuare ad essere – a fondamento della cultura europea. Occorre quindi riportare la discussione sui dati. Oggettivi. Incontestabili. E i dati dicono che i sei paesi più ricchi nel mondo – Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania, Francia e Regno Unito – pur contribuendo per più della metà all’economia globale, ospitano meno del 9% dei rifugiati. Mentre altri sei paesi, ben più poveri ma vicini alle peggiori aeree di crisi, si stanno facendo carico del 50,2% dei rifugiati e richiedenti asilo di tutto il mondo.

Sono le cifre inserite nel rapporto di Oxfam “La misera accoglienza dei ricchi del mondo“. Numeri che riportano su un piano di realtà, le dimensioni di un fenomeno troppo spesso affrontato con frasi fatte e non a partire dalle sue dimensioni reali. Il rapporto rivela infatti, come l’anno scorso le sei maggiori economie del pianeta hanno ospitato complessivamente 2,1 milioni di rifugiati e richiedenti asilo, ossia solo l’8,88% del totale. Un dato molto inferiore alla risposta di Giordania, Turchia, Libano, Sud Africa, Pakistan e Territorio Palestinese Occupato che – pur rappresentando meno del 2% dell’economia mondiale – hanno accolto oltre 11,9 milioni di persone. In questo contesto i numeri relativi all’Italia, che ospita 134.997 persone (lo 0,6% del totale), sono ancora lontani da quelli raggiunti dalla Germania nell’ultimo anno. Questo paese infatti, in controtendenza rispetto alle altre cinque maggiori economie mondiali, ha aumentato il numero dei rifugiati accolti entro i propri confini arrivando a 736.740 persone.

Il rapporto di Oxfam ci dice, in sintesi, che anche sul fronte dell’accoglienza si può dare di più. Molto di più. Per dare una speranza a 65 milioni di uomini, donne, anziani e bambini – il più alto numero mai registrato – in fuga da conflitti, persecuzioni e violenza e troppo spesso obbligati a rischiare la propria vita per raggiungere un luogo sicuro. Siamo di fronte a una sfida complessa, che richiede una risposta globale ben coordinata e responsabilità condivise per affrontare due temi cruciali come l’accoglienza e la risoluzione dei conflitti e delle cause di instabilità in Siria, ma anche in altri paesi come Sud Sudan, Burundi, Iraq e Yemen.

A New York, il 19 e 20 settembre, la comunità internazionale affronterà il tema delle migrazioni con due summit di alto livello, convocati da Ban Ki Moon e da Barack Obama. I due leader, giunti entrambi al termine del proprio mandato, avranno quindi l’occasione di fare la storia anche su questo tema, determinando una inversione di tendenza nel modo in cui fino ad oggi le persone in fuga sono state accolte e protette. Questo sarà possibile innanzitutto rigettando accordi che delegano ai paesi più vulnerabili e vicini alle aree di crisi il ruolo di guardiani delle frontiere delle aree più ricche del mondo, a scapito dei diritti delle persone che questi accordi dovrebbero – prima di tutto – proteggere. E’ quello che è avvenuto con l’accordo UE-Turchia, che dalla sua entrata in vigore ha lasciato migliaia di uomini, donne e bambini in condizioni critiche e in assenza di certezze sui propri diritti, e che adesso rischia di essere visto come un precedente da altri paesi. Il Kenya, a esempio, ha annunciato la chiusura del campo profughi di Dadaab, affermando che, se l’Europa può permettersi di non accogliere i siriani, allora il suo governo può fare altrettanto con i somali.

Un altro modello è però possibile. Basta avere la volontà politica di proteggere i diritti umani delle persone che oggi sono costrette a fuggire e quella di gestire il processo migratorio: un fenomeno che ha sempre determinato la storia del mondo e lo sviluppo del nostro pianeta. Per questo Oxfam, con la petizione globale Stand As One, insieme alle persone in fuga, (che in un mese ha già raccolto più di 100.000 firme on line e in eventi pubblici), chiede ai leader dei paesi più ricchi di accogliere un maggior numero di rifugiati e, allo stesso tempo, di aumentare sostanzialmente gli aiuti a quei paesi che oggi ospitano la maggior parte delle persone costrette a fuggire. Aiuti che devono essere volti a lottare contro la povertà, garantendo ai cittadini di quei paesi e ai rifugiati lì ospitati una accoglienza dignitosa e reali opportunità di lavoro, integrazione, educazione. E’ qualcosa di possibile, realistico, necessario. È un investimento sul futuro. Quello che una politica alta, nobile, espressione di una vera “comunità internazionale”, dovrebbe garantire.